Regno Borbonico: le dure repressioni del brigantaggio

Durante il Regno Borbonico si susseguirono diversi decreti reali contenenti norme severissime per la repressione del brigantaggio nei territori continentali del Regno di Napoli.

Condividi

In tutti i comuni borbonici venivano pubblicate delle liste di banditi, dette “Liste di fuor bando”, contenenti i nomi dei ricercati per brigantaggio, che potevano essere uccisi da chiunque, ricevendo anche un premio in denaro, rispettivamente di 200 ducati per il capobanda e di 100 per il semplice componente la banda.
Le norme del Decreto reale borbonico 110/1821 prevedevano la pena di morte per chiunque facesse parte di una banda armata (era sufficiente essere membri di un gruppo anche di soli tre uomini, di cui anche uno solo armato) che commettesse crimini di qualsiasi natura. Era prevista la pena di morte anche per tutti i “manutengoli”, ovvero per quelli che, in qualunque modo, aiutassero, favorissero o si rendessero complici dei briganti: informatori, ricettatori, etc. Veniva concessa l’amnistia, ma solo per i briganti che eliminavano altri briganti per istigare i briganti ad eliminarsi a vicenda. Il brigantaggio interessò in genere, tutta la permanenza della dinastia borbonica sul trono napoletano e ancora nell’ottobre 1859, pochi mesi prima della fine del Regno delle Due Sicilie, il re Francesco II con il Decreto n. 424 del 24 ottobre 1859 conferì a Emanuele Caracciolo, il potere di arrestare e far processare dagli ordinari consigli di guerra coloro che si macchiavano dei seguenti reati: Comitiva armata, Resistenza alla forza pubblica, brigantaggio favoreggiamento al brigantaggio.

error: Contenuto protetto!

Registrazione
Rivenditori

Prenota la tua Cotta

Ti ricontatteremo per organizzarci in base al calendario delle prossime preparazioni!

Potrai partecipare alla preparazione della tua birra preferita in base al calendario delle nostre cotte!

Vivi un'esperienza unica!